Premetto che questa cheesecake ha rischiato di non vedere la luce del giorno. Il giorno prima in cui l’ho fatta mi ero cimentata in lavori domestici, anzi, più che domestici di falegnameria, e la mattina successiva, mi sono svegliata completamente dolorante dal collo in giù… purtroppo quando uno non c’ha il fisico… Ad ogni modo le opzioni sarebbero potute essere due: rimanere inerme per tutta la giornata oppure reagire. Eh vabbè, reagiamo: un pranzo domenicale senza torta che pranzo è?? Perciò mi sono sparata un Aulin e siccome avevo in frigo della ricotta perché mi era stata richiesta una crostata con ricotta e limone, ma mi andava di provare a fare qualcosa di diverso, mi sono lanciata e ho fatto le cose un po’ a caso, temendo un po’ il risultato finale, che fortunatamente, considerando la rapidità con cui è finita questa cheesecake, è stato di sicuro superiore alle aspettative! Ad ogni modo, senza troppe parafrasi, è venuta davvero bene, ufficialmente brevettata dopo questo esperimento e vi consiglio di provarla, anche se in realtà dentro non ci sia niente di così sconvolgentemente strano per una cheesecake, eccetto la base ed eccetto l’assenza di uova nella crema.
Ingredienti
Per la base190 g di farina
75 g di zucchero
50 g di burro
1 uovo
mezza bustina di lievito per dolci
1 cucchiaio di rhum
1 cucchiaio di Amaretto di Saronno
Per il ripieno
600 g di ricotta
250 g di yogurt magro
120 g di zucchero
20 g di maizena
4 g di fior di sale
la scorza garuttuggiata di un limone
Preparazione
Preparate la base: setacciate la farina con la mezza busta di lievito e fate la classica fontana su cui distribuirete il burro fatto a pezzetti. Ponete al centro l’uovo intero, lo zucchero e il cucchiaio di Amaretto e quello di rhum. Impastate il tutto partendo dal centro con la punta delle dita, ed amalgamate fino a che non si andrà formando un pasta morbida e compatta. Formate una palla e ponetela in frigo a riposare ricoperta da una pellicola ed intanto preparate la crema. Aggiungendo un ingrediente alla volta, mischiate aiutandovi con una frusta a mano la ricotta, lo zucchero, lo yogurt, la maizena, il fior di sale e la scorza grattugiata del limone, fino a che non avrete creato una crema bella liscia. A questo punto foderate con un pezzo di carta da forno la base di uno stampo a cerniera (di circa 28/30 cm, se preferite potete anche usare uno stampo classico per crostata, ma così il tutto diventa più pratico) ed imburrate leggermente i bordi. Prendete la pasta dal frigo e stendetela a poco a poco con le mani nello stampo, andando a formare in modo omogeneo la base e il bordo intorno. Bucherellate qua e là la pasta con una forchetta e versateci la crema di ricotta e yogurt. A questo punto infornate in forno già caldo a 180° e lasciate cuocere per circa una mezzoretta, in ogni caso fino a che non vedrete colorirsi il bordo della base di pasta. Una volta sfornata la cheesecake, togliete delicatamente il bordo a cerniera e lasciate raffreddare. Infine, dopo aver lavato e ben asciugato tamponando con della carta assorbente mirtilli, more e lamponi, disponeteli a piacere sulla cheesecake. Vi consiglio di abbinarla a della frutta tipo frutti di bosco, perché il tutto insieme rimane molto delicato. Ad ogni modo nulla vi vieta di decorare la cheesecake a vostro piacere!
Che bbono queto cheesecake!!!! Sei super brava!!!
RispondiEliminaUN bacio
grazie francesca, sei molto gentile :-) buona settimana, baci!
RispondiEliminaCiao Paola! Innanzitutto piacere di conoscerti:)
RispondiEliminami viene da dire.. tutto è bene quel che finisce bene, no? perché questa cheesecake è uscita una meraviglia, altro che non vedere la luce del giorno!
Complimenti, davvero.
Per quanto riguarda il Taste... ho letto il tuo post qui sotto.. beh, non vorrei essere pessimista, ma non ho ancora avuto modo di leggere uno, dico UN SOLO post che ne parli bene! eheheh
Che ci vuoi fare.. sicuramente la prossima volta - se mai dovessero ripetere questo evento a MIlano- sarà migliore. O almeno spero!
Piacere mio!! E grazie mille, davvero!
RispondiEliminaAnche io ho letto il tuo post questa mattina sul taste of milano, stessa tua osservazione, avessi letto una recensione positiva che una! Ma se non altro mi conforta, non mi sono bevuta il cervello io, ma è stata una percezione condivisa quella di non trovare l'evento "all'altezza" delle sue promesse.. Apro e chiudo un'ultima parentesi polemica a riguardo: i paccheri di Sadler erano crudi, ho faticato seriamente ad inciderli con un coltello (non riuscendoci in precedenza con una semplice forchetta)!!
baci!
ahahahahah ossignore, davvero!?!?
RispondiEliminaecco quest'altra cosa mi porta a fare un ulteriore pensiero: credo che questi chef stellati dovrebbero riguardarsi un attimo dal partecipare ad eventi di questo tipo. Se erano all'oscuro di come si sarebbe svolta la "MANIFESTAZIONE" allora mi viene da dire "poverini", altrimenti qui rischiano davvero di rimetterci la reputazione secondo me. Perché sicuramente se i paccheri (tanto per prenderli come esempio) erano crudi... la colpa è della fretta, del bisogno di fare le cose veloce per la miriade di gente che aspettava, poi vuoi un po' di stanchezza, di disattenzione, ecc. ecc. ecc. tante cose, tutte come conseguenza al tipo di evento qual è stato il Taste of Milano, ovvero la sua pessima organizzazione.
Ma dimmi Paola, tu sei di Milano? :)
sono d'accordo, anche perchè questi chef stellati puntano molto all'effetto sensoriale che gira attorno ad una loro opera culinaria, niente è lasciato al caso nei loro ristoranti, e piccole grandi disattenzioni - come i paccheri crudi - non giocano a loro favore.. fortuna vuole che sono chef consolidati nel mondo dell'alta cucina, sennò una manifestazione del genere indubbiamente li potrebbe danneggiare... ad esempio, se dietro a ciascuna delle loro cucine/tendoni ci fosse stata una di noi, una cuoca-food blogger, e avessimo fatto fiasco così, saremmo state spacciate!!
RispondiEliminascusa, tendo ad essere prolissa... sì, sono di milano! anche tu, vero?
ehi ma che splendore!!!!
RispondiEliminauna fettina pls :)
paola, ma se sei di milano e io e manu già ci troviamo ogni tot, potresti aggiungerti alla compagnia! sarebbe un piacere :)
ciao
b
uh, ma molto volentieri ragazze! ovviamente io viaggio sempre accompagnata alla mia socia linda, siamo tutte di milano qui ;-)
RispondiEliminaè proprio così Paola, se ci fosse stata una di noi, si sarebbe giocata non dico tutto ma quasi.. perché è vero che "la prima impressione è quella che conta" in un certo senso. Infatti spesso mi soffermo a pensare a questo, quando ricevo le newletters di Paolo Marchi, di Identità Golose (ieri sono stata alla presentazione ed è stata una bellissima mattinata, piena di gente molto interessante... non dirmi che c'eri sennò mi arrabbio per non averti conosciuta!!! :P).. perché lui, con alcuni colleghi, va nei ristoranti, li prova, assaggia, testa.. e alla fine trae le sue conclusioni e personali osservazioni/critiche in base alla sua prima volta.
RispondiEliminaPer farti capire, uno degli articoli dell'ultima newletters è stato questo (lo scrivo nel prossimo messaggio;)...
"C’è un pranzo, di sabato 11 settembre, si cui mi sono segnato alcune cose che vanno oltre i piatti in sé. L’ho consumato al Vigneto di Roddi in provincia di Cuneo, telefono 0173.615630. Alla guida i fratelli Allochis, Manolo in cucina e Rossano in sala che si impegnano a coniugare mare e monti, cercando di coniugare tradizione e nuove idee.
RispondiEliminaUn piatto ben fatto, originale e goloso, il Vitello tonnato, una tasca di vitello arrosto farcito di tonno fresco, gustoso anche il Gazpacho freddo con cappesante e gamberi al vapore, altri meno riusciti ma capita ovunque, anche nei tre stelle.
Quello che proprio non ho capito sono altre due cose, una scritta nel menu e un risotto nel “piatto”. Non capisco perché scrivere “la possibile somiglianza di piatti con altri chef è del tutto casuale e non voluta da parte nostra”. Che i Gamberi di Sanremo impanati nella Nocciola tonda gentile e grissini siano un classico di Maurilio Garola, alla Ciau del Tornavento a Treiso, in Piemonte lo sanno anche i sassi, figuriamoci chi ha lavorato alla Ciau prima di aprire il suo locale e proporre casualmente il Piccolo fritto di calamari e gamberi alle nocciole. Boh, non lo capisco. Io mi preoccuperei di farli perfetti, un omaggio come è bello che sei tra colleghi. Lo fa Adrià…
Quanto al risotto, era ai funghi porcini, tendeva al brodoso e scotto quando nel locale i clienti non arrivavano a dieci. Poi quel primo in carta è chiamato Risotto “Albeisa style” ai funghi porcini con nota al piede: “Albeisa style: modello di utilità denominato mesa buta, brevetto n. AT2009U000002”. Mesa buta ovvero mezza bottiglia perché il tipico contenitore della zona viene tagliato per il lungo e arrangiato in una scatola, come ben si capisce in foto. Il tutto è bello, non è tanto pratico quando devi forchettate il riso ma mi piace chi ragiona a 360°. Però prima di fare uscire un piatto lo si assaggia e se è vittima di qualche distrazione, capita a tutti, meglio rifarlo che deludere. Resta il ricordo di una cucina altalenante. Peccato."
Mette molta angoscia pensare che un critico giudica in base alla sua prima esperienza, ma è normale che sia così. Se magari è interessato, il critico capita che ci torna una seconda volta per testare i cambiamenti/migioramenti/evoluzioni.. ma se così non fosse, "il giudizio ormai è fatto" :\
RispondiEliminain conclusione quindi, agli chef rinomati e stellati, si concede che possano sbagliare... .
Complimenti e buonissimo
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